Recensione di Barbara Ghisi 2013

Nell’opera “L’abbandono di Eros” la vegetazione avvolge con foglie ed alghe il personaggio mitologico volutamente nudo, quasi nel tentavio di confezionare per lui una sorta di abito di protezione, mentre le radici formano un letto ai suoi piedi per agevolare il suo abbandono tra le braccia di madre terra.
La nudità del soggetto è fondamentale per ritrovare il contatto primordiale con l’ambiente naturale dove lui si trova a suo agio.
I bruchi sul suo corpo rappresentano la  fauna  in generale che desidera entrare in simbiosi con l’uomo.
Vari oggetti raffigurati come ad esempio la bussola, simboleggiano il bisogno di ritrovare il giusto orientamento verso i veri valori della vita.
I contorni degli oggetti materiali superflui che si  dissolvono nell’atmosfera dell’opera come ad esempio la faretra con le frecce , alludono al bisogno di liberarsi dai beni materiali e dagli status symbol sociali.

La poetica pittorica di Alessandra Sempreboni:  tra Naturalismo e Romanticismo

Tecnica pregevole ed eleganza del tratto caratterizzano la pittura dell’artista veronese nativa di Negrar, Alessandra Sempreboni fin da bambina attratta dalla natura della sua Valpolicella al punto di rappresentarla sulle sue tele.

Il rapporto uomo natura  è sempre stato sinonimo di ricerca di un’interpretazione semre piu precisa e accurata del mondo che ci circonda.
La nuova tematica artistica delle  sue opere infatti ,maturata con l’esperienza dell’attività precedente , è il connubio armonico tra tutte le ” creature viventi e madre natura”.
Dopo aver rappresentato per anni nature morte,animali e ritratti di persone con tutte le tecniche, dalla grafite al carboncino dai pastelli alla pittura ad olio ,l’artista giunge all’evoluzione simbolica della natura nell’ambiente.
Grazie agli studi effettuati all’ Istituto Superiore d’Illustrazione di Milano , e all’esperienza pittorica fatta con il maestro Achille Picco suo mentore, giunge con maestria e professionalità alla suo personalissima poetica.
La scelta di rappresentare l’essere vivente e la natura ambientale è emblematica.L’esperienza dello spaesamento, della ricerca del nostro universo ancora celato a se stessi.
Per questo Alessandra Sempreboni prende in esame ogni dimensione sia storico mitologica che contemporanea per trasmettere il suo messaggio al mondo:

“Amate e rispettate la terra che da sempre ci offre ciò di cui necessita la nostra vita. Guardate come la natura si protende verso di noi per comunicare,senza aggredirci,ma per proteggerci come suoi figli”.
La Sempreboni sceglie di rappresentare scene atemporali vivificandole in una luce innaturale appartenente ad un’altra dimensione.
Questa luce  che fa splendere  e cantare i colori è l’anima dei dipinti. Simbolo della ricerca di una propria energia interiore è la componente principale di uno stile personale.
Quella che l’artista chiama la sua struttura intima.
Scelta mirata per trasmettere il suo messaggio a tutte le generazioni contemporanee e future.
Penetrare nella memoria dell’osservatore per ottenere un sentimento propositivo verso la natura ed ogni sua forma vivente . Ricostruisce il passato dell’uomo nella natura andando idietro nella memoria per la salvezza di entrambi.
Se la concezione simbolica della rappresentazione del connubio tra le creature viventi e l’ambiente è immersa, ne consegue la scelta di esprimersi attraversi grandi formati e pigmenti brillanti,carichi di energia.
Oltre al gradimento estetico inducono una notevole idealizzazione delle scene e dei soggetti.
Tramite la tecnica a velatura esprime una visione realistica e neoromantica della pittura.
Quella che abbiamo di fronte è dunque una natura sognata, moralizzata e pertanto tale da essere dominata non dalla legge del più forte, bensì da una convivenza armoniosa tra gli uomini.
Il rispetto dell’uomo come fine è esteso a tutte le creature viventi in natura.
Si tratta quindi di una natura edenica, bonificata e pacificata, ma ciò non toglie che a dircelo siano sempre scenari onirici e fiabeschi in un panorama di forte affinità con il Romanticismo.

Barbara Ghisi – 2013